La ricezione di “Lumen gentium” dopo il Concilio Vaticano II
DOI:
https://doi.org/10.17421/ATH391202505Parole chiave:
Communio sanctorum, Ecclesiologia del Popolo di Dio, Una nuova “Ecclesiologia dal basso”?, Cum et sub Petro, Autorità apostolica comunitaria, “Pensiero bipolare” di Romano GuardiniAbstract
Il vero senso della nuova “Ecclesiologia di Comunione”, realizzata nel decreto conciliare Lumen gentium, può solo essere compreso se non interpretiamo “comunione” in un modo moderno o secolare, ma come una Communio sanctorum che ha le sue fonti nella Comunione gerarchica del Dio trino stesso. Nella Chiesa come popolo di Dio, la relazione verticale di una intima unione con Dio stesso deve quindi sempre mantenere il primato assoluto e deve anche formare tutte le relazioni orizzontali e la comunione di tutti i fedeli sia nei cieli, sia anche in terra.
Di conseguenza, la Chiesa non può mai diventare una “democrazia” o “repubblica di scienziati” che può cambiare le proprie dottrine e strutture secondo la propria volontà, ma deve sempre rimanere – come sottolineava J. Ratzinger nel suo libro La Teologia del Concilio – una “Teocrazia”. Contro tutte le forme di una nuova “ecclesiologia dal basso” che in seguito sono state proclamate, l’ecclesiologia di Lumen gentium deve essere interpretata non come una “rottura con l’insegnamento del Concilio Vaticano I”, ma come la sua continuazione ed il suo compimento che ha riguadagnato un nuovo equilibrio comunitario tra il primato papale e l’autorità apostolica comunitaria dei vescovi.