Canonico e apocrifo: il senso di una distinzione. Presentazione

Autori

  • Juan Carlos Ossandón

Abstract

Dal 13 al 16 settembre 2021 si è svolto a Roma un corso di aggiornamento organizzato dalla Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce, che ospitava l’evento, e dalla Facoltà di Teologia della Universidad de Navarra (Pamplona, Spagna).

Canonico e apocrifo: il senso di una distinzione: il titolo del corso – che dà nome anche a questo volume – ne voleva sintetizzare sia il tema che l’orientamento. Si è cercato, infatti, di affrontare l’argomento del canone biblico con lo scopo di chiarirne il senso, di riflettere cioè sulle sue fondamenta storiche e concettuali.

La scoperta (o riscoperta in alcuni casi), nel XIX e nel XX secolo, di alcuni libri apocrifi in Etiopia, in Egitto (Genizah del Cairo, Ossirinco, Nag Hammadi) e in Palestina (Qumran e altre località nei pressi del Mar Morto) ha dato nuovo impulso alla riflessione sulla validità del canone biblico. Perché alcuni libri sono ritenuti canonici e altri apocrifi? Perché, ad esempio, non sono stati accettati il Vangelo di Tommaso o quello di Pietro? Chi ha definito il canone e come? Con quale autorità? I diversi libri sono stati riconosciuti da tutti o esistevano
diverse comunità, ognuna con la propria collezione di Scritture? È il canone attuale la conseguenza di un processo ecclesiale di discernimento, il frutto di un’imposizione o il semplice risultato del caso?

Oltre al ritrovamento di manoscritti perduti, anche la cultura e la sensibilità postmoderne spingono a mettere in dubbio la legittimità della distinzione fra canonico e apocrifo. All’uniformità si preferiscono generalmente la pluralità e la diversità, considerate più autentiche e attendibili. Molti studiosi sostengono la necessità di recuperare la memoria dei diversi cristianesimi originari e delle loro Scritture. A descrivere queste posizioni e a rintracciare le loro origini nella storia della ricerca si dedica il primo articolo del volume, a mio carico, che funge anche da status quaestionis. Ad esporre le caratteristiche del concetto stesso di canone e il suo rapporto con la memoria – individuale, ma soprattutto culturale – di Gesù si dedica il contributo di Vicente Balaguer. L’articolo di Ignacio Carbajosa, offre una riflessione sui tentativi contemporanei di eliminare o ignorare l’Antico Testamento, come avevano proposto Marcione nell’antichità e Harnack agli inizi
del ventesimo secolo.

Due articoli si concentrano su aspetti specifici del processo storico della formazione del canone biblico cristiano: Juan Chapa propone una sintesi aggiornata su che cosa possiamo ricavare (e che cosa no) dai manoscritti antichi riguardo alla differenza fra i libri canonici e quelli apocrifi; James Mwaura Njunge prende in
esame le pretese di canonicità di uno dei libri apocrifi più interessanti, il Vangelo copto di Tommaso.

Nel suo studio, Maurizio Girolami offre una guida per addentrarsi in una delle prime prese di posizione consapevoli sul canone come tale, quella di Ireneo di Lione in rapporto ai quattro vangeli.

Durante il corso di aggiornamento, le relazioni sono state integrate da tre panel sull’insegnamento delle materie bibliche nei seminari e nelle facoltà ecclesiastiche. Per la loro natura pratica, gli interventi di questi panel non verranno pubblicati. Nel presente volume di Annales Theologici si raccolgono unicamente le conferenze.

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Pubblicato

2021-11-30